Nutrizione

PERCHÉ CI UBRIACHIAMO?

Perché ci ubriachiamo?

08 GIUGNO 2020

Perché ci ubriachiamo?




È risaputo: l’alcool fa male al nostro corpo ed un suo abuso porta con sé molte patologie gravi, ma quasi tutti noi abbiamo avuto quella serata, o quelle serate, in cui abbiamo alzato troppo il gomito e abbiamo avuto i più svariati effetti dovuti all’eccessivo alcool ingerito.

Prima di continuare con l’argomento di oggi, se te lo sei perso vai a leggere il nostro articolo “L’alcool: alleato o nemico?” per approfondire l’argomento.

Per capire a cosa sono dovuti tutti i “sintomi di una sbornia” dobbiamo partire dalla molecola che è il principio attivo delle bevande alcoliche: l’etanolo, comunemente chiamato “alcool”. Esso è composto da poco più di qualche atomo di carbonio ed è il responsabile dell’ubriachezza, nonostante le sue modeste dimensioni e la sua semplicità. Anzi sono proprio queste due caratteristiche a permettergli di “sgattaiolare” attraverso le membrane e ad annidarsi in molti punti, favorendo così una vasta gamma di effetti rispetto ad altre molecole più grandi e complesse.

Ora seguiamo la molecola dell’etanolo (che da adesso in poi chiameremo semplicemente “alcool”) nel suo viaggio all’interno del nostro corpo, così da capire come provoca l’ubriachezza e come mai i suoi effetti variano drasticamente da persona a persona.
Prima tappa dell’alcool è lo stomaco dove, a seconda del contenuto, varia la sua capacità di penetrare nel sangue. Questo perché la maggior parte dell’alcool viene assorbita nell’intestino tenue, che si trova successivamente allo stomaco, il quale è diviso da esso dallo sfintere pilorico: dopo un pasto abbondante questa “valvola” tende a chiudersi impedendo il completo passaggio dell’alcool da stomaco a intestino tenue: in questo modo il livello di etanolo che raggiungono il sangue dopo un pasto possono essere a fino solo un quarto rispetto a quelli della stessa bevanda consumata a stomaco vuoto.

Adesso che l’alcool circola nel sangue, esso si lascia trasportare raggiungendo diversi organi: cervello e fegato sono i due che ne riceveranno di più, poiché sono gli organi con il flusso sanguigno maggiore.

Vediamo adesso cosa succede nel fegato una volta che vi arriva l’alcool. I due enzimi che andranno incontro all’etanolo sono due, l’ADH e l’ALDH. Il primo, l’alcool deidrogenasi, trasforma l’alcool in un composto tossico chiamato acetaldeide; questo nuovo composto andrà incontro al secondo enzima, l’aldeide deidrogenasi, che lo convertirà in acetato non tossico.
Mentre il sangue che trasporta l’alcool in giro per il nostro corpo circola, il fegato continua inesorabile ad eliminarlo producendo acetato: è proprio questo primo processo di eliminazione che determina quanto alcool raggiungerà in primis il nostro cervello, e poi tutti gli altri organi.

Se da un lato abbiamo il fegato con il compito di trasformare l’alcool in acetato non tossico, più a nord abbiamo il cervello, il quale è il responsabile di tutti gli effetti cognitivi, emotivi e comportamentali dati dall’alcool: l’ebrezza, o in qualsiasi altro modo la si voglia chiamare. Questi effetti sono dovuti ad una cascata di reazioni che l’alcool provoca nel cervello.
Per prima cosa esso frena il primario neurotrasmettitore del nostro cervello, il GABA, e diminuisce la quantità del suo gas più importante, il neurotrasmettitore glutammato. In queste condizioni se le dosi di alcool sono moderate, i neuroni del nostro cervello cominciano a comunicare molto meno tra di loro, conferendo al consumatore la ben nota sensazione di rilassatezza; se invece le dosi sono moderate, possono causare sonnolenza fino ad arrivare, nel caso in cui siano state ingerite dosi eccessive, ad un impedimento dell’attività cerebrale necessaria alla sopravvivenza.

L’etanolo stimola anche altri neuroni nel nostro cervello, in piccolo nucleo che va dal mesencefalo fino al nucleo adiacente al setto. Questa regione del nostro encefalo è importante per la “motivazione”: l’alcool si comporta come tutte le droghe che portano a dipendenza, provocando un aumento dei livelli di dopamina nella zona ove sono presenti questi neuroni, conferendo in questo modo sensazioni molto piacevoli.

Oltre a “disattivare” neurotrasmettitori come il GABA, l’alcool porta anche alla sintesi di nuovi prodotti nel nostro cervello: le endorfine. Esse, rilasciate da determinati neuroni, ci aiutano in situazioni di pericolo e stress a calmarci quando i loro livelli rientrano nella norma; quando invece i livelli di endorfine risultano elevati, esse provocano la classica euforia e il classico rilassamento dovuti al consumo di alcool.
Tutti questi effetti hanno però una fine nel momento in cui la quantità di alcool metabolizzato dal fegato risulta essere maggiore rispetto alla quantità di alcool che viene assorbita dal cervello.

Vediamo ora come mai gli effetti di una stessa quantità di alcool possono essere anche molto differenti da persona a persona.
Gli individui di sesso femminile hanno generalmente una quantità di grasso maggiore rispetto agli individui di sesso maschile e, poiché il grasso necessita meno sangue rispetto ai muscoli, una donna e un uomo dello stesso peso avranno una diversa quantità di sangue circolante nel loro corpo.
È proprio per le dinamiche appena spiegate che nel momento in cui viene consumato uno stesso quantitativo di alcool dopo aver consumato un pasto identico, le concentrazioni di alcool nel sangue della donna saranno maggiori rispetto a quelle dell’uomo essendo il volume ematico minore.

Un altro fattore causante diverse risposte da individuo ad individuo è dovuto alla produzione degli enzimi, ADH e ALDH, che si occupano della sua degradazione: i bevitori regolari avranno un’aumentata produzione di questi enzimi risultando così più tolleranti all’alcool.
Detto ciò, bere alcolici regolarmente e in dosi spesso eccessive non porta semplicemente ad un aumento della tolleranza, caratteristica che può sembrare utile, ma nel lungo termine porta allo sviluppo di gravissimi danni al fegato.

Vi è una spiegazione scientifica per la maggiore predisposizione a sviluppare un disturbo da abuso di alcool.
Gli individui che hanno geneticamente livelli inferiori di endorfine e/o dopamina, sono più predisposti ad alzarne i livelli “aiutandosi” con il consumo eccessivo di alcool, così da “auto-medicarsi” nei momenti di pericolo, stress o altre situazioni difficili da gestire.
La stessa predisposizione genetica all’abuso di alcool è riscontrabile negli individui molto sensibili alle endorfine, i quali percepiscono aumentate le sensazioni piacevoli e sedative dovute all’etanolo.
Nei bevitori abituali il cervello si adatta al consumo cronico, riducendo la produzione e/o trasmissione di GABA, endorfine e dopamina: per questo motivo essi tendono a sentirsi ansiosi molto spesso, riscontrano problemi a dormire e sono più refrattari a provare piaceri.

In conclusione, sono l’abitudine al bere e la genetica ad influire il modo in cui ognuno di noi sperimenta l’assunzione di alcool, gli effetti sul nostro organismo e sul nostro cervello, e la tendenza a diventarne più o meno consumatori abituali.
Come in ogni cosa, che oltre ad essere dannosa se consumata in grandi quantità e per lungo tempo è anche piacevole, la chiave per godere di essa è trovare il giusto equilibrio e non abusarne mai.




Riccardo Alfieri