Fisioterapia

LA FASCITE PLANTARE

La fasciate plantare

15 LUGLIO 2020

La fascite plantare




L’aponeurosi plantare è una fascia di tessuto fibroso che si estende dalla zona plantare mediale del calcagno fino alla base di ciascuna falange prossimale ed ha un ruolo fondamentale nel sostenere il peso corporeo quando si trova in posizione eretta: infatti distribuisce il peso fra le strutture ossee già citate ed è, di conseguenza, molto sollecitata, soprattutto durante il salto o la corsa quando il peso corporeo grava su una sola delle due componenti ossee.
Le sue caratteristiche viscoelastiche le permettono di accumulare una grande quantità di energia che viene sprigionata nella fase propulsiva del cammino, della corsa o di un salto.

La fascite plantare è una patologia infiammatoria a carico di questa struttura ed è la causa più frequente di dolore sotto il calcagno e/o alla pianta del piede; quando si localizza sul tallone prende il nome di fascite prossimale, mentre se si estende a livello del mesopiede si parla di fascite distale.
I soggetti più colpiti sono gli sportivi e, in particolare, coloro che praticano calcio, basket, danza e corsa di resistenza, in quanto queste attività sollecitano molto l’aponeurosi, ma anche i soggetti in sovrappeso o obesi, i diabetici, coloro che utilizzano calzature inadeguate o in presenza di piede piatto o cavo.
Spesso non è presente un solo fattore di rischio tra quelli appena citati, ma è la combinazione di più cause che determina l’infiammazione.

A livello sintomatologico i soggetti affetti da tale condizione riferiscono dolore sotto il tallone che, in alcuni casi, si irradia a fascia intorno al bordo del tallone o sulla pianta del piede; di solito il dolore si acuisce dopo essere stati in posizione sdraiata o seduta per molto tempo, quindi al mattino quando ci si alza dal letto, dopo una giornata in cui si è stati in piedi per molte ore o al termine di un’attività sportiva molto intensa.
Il dolore può manifestarsi in modo molto acuto e improvviso oppure può essere di più lieve entità, ma più prolungato nel tempo. La diagnosi viene effettuata dopo un’attenta valutazione clinica e può essere supportata da indagini strumentali (soprattutto radiografiche) per valutare o escludere la presenza di altre patologie, prima fra tutte la presenza di una spina calcaneare, spesso associata a questa condizione.

La terapia è solitamente divisa in 2 fasi: la prima ha come obiettivo la riduzione della sintomatologia dolorosa per permettere al paziente di svolgere le normali attività quotidiane senza alcun fastidio, successivamente è necessario eliminare il problema alla radice per evitare condizioni recidive.

Nella prima fase il riposo è la componente più importante con astensione dall’attività fisica, evitando anche camminate eccessivamente lunghe ed evitando di mantenere la postura eretta per un tempo troppo prolungato così da alleviare il dolore e ridurre l’infiammazione.
Un errore da non fare è sottovalutare il problema all’insorgenza dei primi sintomi e soprattutto non bisogna continuare ad allenarsi utilizzando farmaci specifici poiché questo atteggiamento potrebbe favorire la cronicizzazione del problema. L’applicazione di ghiaccio nella zona dolorosa per un tempo non superiore ai 15/20 minuti tre o quattro volte al giorno può essere utile per attenuare il dolore e ridurre l’infiammazione locale.
L’assunzione di FANS (Farmaci Anti-infiammatori Non Steroidei) ed antidolorifici previa consultazione medica può favorire la riduzione del dolore e ridurre l’infiammazione. Gli esercizi di stretching sono molto importanti in quanto mirano a ristabilire la corretta funzionalità dell’aponeurosi riducendo la sollecitazione tissutale sia sulla stessa che sulle strutture che circondano il calcagno con conseguente riduzione della tensione in questa zona.
In questa fase l’utilizzo di Taping con funzione di scarico può essere utile a ridurre ulteriormente la sollecitazione dei tessuti interessati.

Anche alcune terapie fisiche possono favorire la guarigione da questa condizione patologica; tra le maggiormente utilizzate vi sono la Tecarterapia ed il laser ad alta potenza con l’obiettivo di eliminare dolore ed infiammazione poiché accelerano i processi riparativi dell’organismo e le onde d’urto radiali che creano delle microlesioni all’interno dell’aponeurosi ed aumentano la capillarizzazione locale ed il metabolismo cellulare favorendo i processi di riparazione del tessuto legamentoso.

Nella seconda fase, invece, si mira a correggere eventuali posture scorrette (ad esempio, una condizione di piede cavo o piatto) o altre problematiche che potrebbero essere alla base dell’insorgenza di tale patologia; in questo caso, naturalmente, il trattamento varierà a seconda della causa scatenante.
Nella maggior parte dei casi il trattamento conservativo riesce a curare la fascite plantare, ma, in caso di esito negativo, si può ricorrere ad infiltrazioni locali di cortisone oppure ad un intervento chirurgico mininvasivo di fasciotomia plantare che consiste in un’incisione puntiforme della fascia plantare a livello del calcagno.





Stefano Nizza, Dott. In Fisioterapia